Trattiamo in questo articolo del documento di programmazione triennale del fabbisogno del personale. Si sottolinea che il documento è stato interessato dalle novità introdotte nel sistema di programmazione degli enti locali con l’entrata a regime delle disposizioni del D.lgs. n. 118/2011 di armonizzazione dei sistemi contabili delle amministrazioni pubbliche e dei nuovi Principi contabili ad esso allegati, fra i quali si richiama in particolare il Principio contabile applicato della programmazione degli enti locali, introdotto ai sensi dell’allegato A/4 del D.Lgs. n. 118/2011.
Il disposto dell’articolo 39, comma 1 della Legge n. 449/1997 (ribadito dall’articolo 91 del testo vigente del D.Lgs. n. 267/2000) stabilisce che al fine di assicurare le esigenze di funzionalità e di ottimizzare le risorse per il migliore funzionamento dei servizi compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di bilancio, gli organi di vertice delle amministrazioni pubbliche sono tenuti alla programmazione del fabbisogno di personale, avendo come obiettivo la riduzione programmata della spesa di personale; tale attività si traduce nel documento di programmazione triennale del fabbisogno del personale.
Il documento di programmazione triennale del personale viene confermato nel nuovo sistema di programmazione “armonizzato”, trovando collocazione nella Sezione Operativa (SeO) del Documento Unico di Programmazione (DUP), per il quale gli enti locali stanno in questi giorni approntando la sua nota di variazione per il periodo 2016-2018, da presentare al Consiglio dell’ente entro il prossimo 28 febbraio 2016.
Molte amministrazioni infatti, preso atto della sostanziale impossibilità di conoscere nei tempi utili per l’approvazione del DUP relativo al periodo 2016-2018 (quest’anno fissato al 31 dicembre 2015) le norme di disciplina dei vincoli alle politiche del personale degli enti locali, hanno inserito nel DUP un rinvio della definizione della programmazione triennale del personale alla nota di aggiornamento del documento, in un momento in cui il quadro normativo del settore sarebbe perciò divenuto certo.
Molti enti stanno pertanto approntando in questi giorni le delibere di giunta con le quali approvare i nuovi piani di programmazione triennale del personale per gli anni 2016-2018. Va detto che se alcuni di essi hanno optato per un’approvazione del piano mediante la sua inclusione nella delibera della nota di variazione del DUP, altre amministrazioni hanno invece deciso per l’approvazione di una delibera di giunta ad hoc.
Ad ogni modo è pacifico che la programmazione triennale del personale deve essere sottoposta all’attività di accertamento del Revisore dei Conti, ai sensi dell’art. 19 comma 8 della Legge n. 448/2001, che si formalizza nella predisposizione di un apposito parere sul programma. Al Revisore deve essere pertanto trasmessa nei tempi previsti dal regolamento di contabilità la bozza di delibera contenente il programma triennale del personale.
Il primo aspetto da valutare ai fini della predisposizione del parere, riguarda la compatibilità del fabbisogno di personale e delle scelte assunzionali previste dall’ente per il periodo di riferimento del piano con i rigidi vincoli pubblicistici posti in capo alle politiche del personale degli enti locali da parte del legislatore.
Attualmente il quadro normativo delle norme inerenti i limiti alla spesa del personale e al turnover degli enti locali è impostato su una netta dicotomia fra enti soggetti al Patto di stabilità interno ed enti ad esso non soggetti.
Se infatti gli enti soggetti al Patto sono disciplinati dal comma 557 della Legge n. 296/2006, gli enti esclusi dalla sua applicazione sono tenuti ad osservare il comma 562 della citata Legge n. 296/2006.
Nello specifico per gli enti non soggetti al Patto di stabilità il citato comma 562 prevede che le spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell’IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, non debbano superare il corrispondente ammontare dell’anno 2008. Gli enti in questione possono procedere altresì all’assunzione di personale nel limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nel precedente anno.
Per gli enti soggetti al Patto di stabilità interno invece la disciplina improntata alle disposizioni dei commi 557 e seguenti delle Legge n. 296/2006 è più articolata, ed è stata oggetto di numerosi interventi del legislatore. In ultimo il comma 228 dell’articolo unico della Legge di stabilità 2016 (Legge n. 208/2015) limita per tali enti la possibilità di procedere, per il triennio 2016-2018, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato di qualifica non dirigenziale ad un contingente di personale corrispondente, per ciascuno dei predetti anni, ad una spesa pari al 25% di quella relativa al medesimo personale cessato nell’anno precedente. Per queste amministrazioni locali si procede di fatto all’allineamento della limitazione del turn over alle percentuali previste, in via generale, per il personale delle altre amministrazioni pubbliche. Il secondo periodo del comma 228 conferma ad ogni modo le percentuali stabilite dalla normativa vigente (80% per il biennio 2016-2017 e 100% dal 2018, ai sensi dell’articolo 3, comma 5, del D.L. n. 90/2014, convertito dalla Legge n. 114/2014), al solo fine di definire il processo di mobilità del personale degli enti di area vasta destinato a funzioni non fondamentali.
Viene infine esclusa la possibilità (per il biennio 2017-2018) anche per gli enti risultati “virtuosi” ai sensi del comma 5-quater dell’articolo 3 del citato D.L. n. 90/2014 (cosiddetto Decreto PA-Madia), in quanto aventi un’incidenza delle spese di personale sulla spesa corrente pari o inferiore al 25 per cento, di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato nel limite del 100% della spesa relativa al personale di ruolo cessato dal servizio nell’anno precedente.
Gli enti sottoposti al Patto di stabilità interno devono assicurare la riduzione delle spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell’IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale, con azioni da modulare nell’ambito della propria autonomia e rivolte, in termini di principio, ai seguenti ambiti prioritari di intervento:
a) riduzione dell’incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti, attraverso parziale reintegrazione dei cessati e contenimento della spesa per il lavoro flessibile;
b) razionalizzazione e snellimento delle strutture burocratico-amministrative, anche attraverso accorpamenti di uffici con l’obiettivo di ridurre l’incidenza percentuale delle posizioni dirigenziali in organico;
c) contenimento delle dinamiche di crescita della contrattazione integrativa, tenuto anche conto delle corrispondenti disposizioni dettate per le amministrazioni statali.
Sempre per gli enti soggetti al Patto rileva il successivo comma 557-quater della Legge n. 296/2006 introdotto dal comma 5-bis dell’articolo 3 del D.L. n. 90/2014, convertito dalla Legge n. 114/2014 (cosiddetto Decreto PA-Madia), che nell’ambito della programmazione triennale dei fabbisogni di personale impone il contenimento delle spese di personale con riferimento al valore medio del triennio 2011-2013.
Va tenuto presente che la Legge di stabilità 2016 ha approntato le opportune norme “di chiusura” per sopperire all’addio per gli enti locali al vecchio Patto di stabilità e all’esordio della disciplina del saldo di bilancio, alla quale sono soggetti anche alcune categorie di enti (in particolare Comuni con popolazione inferiore ai 1.000 abitanti) che non erano soggetti alle norme del Patto.
Il comma 762 specifica che le norme vigenti recanti misure di contenimento della spesa di personale degli enti locali che fanno riferimento al Patto di stabilità interno, devono ora intendersi riferite alle disposizioni in tema di pareggio di bilancio degli enti territoriali, introdotte dal commi da 707 a 734 del provvedimento in esame (fra le quali, per esempio, le disposizioni di blocco delle assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto, in caso di mancato rispetto degli obiettivi di saldo di bilancio da parte dell’ente).
Il comma 734 si preoccupa di mantenere ferme le disposizioni dei citati commi 562 e 557 e seguenti della Legge n. 296/2006 preservando anche per i prossimi anni la dualità del sistema dei vincoli alle politiche del personale degli enti locali, basata sul discrimine dell’applicazione o meno agli enti nel 2015 del Patto di stabilità interno.
Di conseguenza gli enti già soggetti nel 2015 al Patto di stabilità interno continueranno a dover rispettare le norme contenute nell’articolo 1, commi da 557 a 557-quater, della Legge 296/2006 mentre gli altri enti saranno soggetti ai vincoli del comma 562.
Le scelte operate dal Comune nel documento di programmazione triennale dei fabbisogni del personale devono essere assunte in coerenza anche con i limiti imposti al ricorso alle forme di lavoro flessibile, che fanno principalmente riferimento all’articolo 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010, convertito con la Legge n. 122/2010, il cui testo è stato in varie occasioni emendato ed in ultimo integrato dal D.L. n. 90/2014 (Decreto PA-Madia), che ha aggiunto i seguenti periodi:
“A decorrere dal 2013 gli enti locali possono superare il predetto limite per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l’esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale nonché per le spese sostenute per lo svolgimento di attività sociali mediante forme di lavoro accessorio di cui all’articolo 70, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Le limitazioni previste dal presente comma non si applicano agli enti locali in regola con l’obbligo di riduzione delle spese di personale di cui ai commi 557 e 562 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. Resta fermo che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009.”
Ad un’attenta lettura si nota che il comma contiene un evidente controsenso: in un primo passaggio si afferma che per gli enti in regola con l’obbligo di riduzione delle spese del personale ai sensi dei commi 562 e 557 della Legge 296/2006 i limiti del lavoro flessibile non vanno applicati, salvo poi nell’ultimo comma fissare un limite di spesa pari a quella sostenuta per le medesime finalità nel corso del 2009. La formulazione non felice del comma non ha tardato a sollevare dubbi in seno alla prassi e alla giurisprudenza in merito alla validità o meno per questi enti “virtuosi” del suddetto limite parametrato alla spesa dell’anno 2009, peraltro portando a pronunciamenti discordanti da parte delle diverse Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti. L’interpretazione autentica della disposizione ci viene infine offerta dalla Sezione delle Autonomie della Corte dei conti nella Deliberazione n. 2/2015 del 29 gennaio 2015, in cui si sancisce che le limitazioni dettate dai primi sei periodi del citato articolo 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010, in materia di assunzioni per il lavoro flessibile, non si applicano agli enti locali in regola con l’obbligo di riduzione della spesa di personale di cui ai commi 557 e 562 della Legge n. 296/2006, ferma restando la vigenza del limite massimo della spesa sostenuta per le medesime finalità nell’anno 2009.
Spetta perciò all’ente ponderare la compatibilità di questo ampio coacervo di rigidi vincoli di bilancio con le scelte assunzionali operate dall’ente nel programma triennale del personale. Scelte che peraltro devono essere assunte in coerenza con quanto indicato negli altri documenti di bilancio e di programmazione dell’ente, in primis le diverse parti del DUP e il bilancio di previsione 2016-2018.
Ravenna, 10 febbraio 2016
Dott. Fabio Federici